venerdì 9 agosto 2013

Il lungo racconto di Piero Sbarluzzi. di Fabio Pellegrini


                     NOTIZIE DALLA VALDORCIA.

                               edizione speciale

                                   BLOG’

                              

 

 

 

                            IL  LUNGO RACCONTO DI CRETA DI PIERO SBARLUZZI

                                                                     di Fabio Pellegrini

 

 

Domani si apre a Pienza la personale di  Piero Sbarluzzi, scultore pientino molto apprezzato in Italia e all’estero, protagonista di una lunga stagione artistica di successo, che gli ha procurato il consenso della critica e in particolare di Vittorio Sgarbi,  che ospita le sue opere nella collezione privata. L’evento che si apre domani e che coinvolge tutti gli spazi più importanti della Città di Pio II, dove sono state collocate le sue sculture, si protrarrà per tutta l’estate e costituirà l’arredo artistico di Pienza Città dell’Unesco. La scelta di questa personale pientina aggiunge alla carriera artistica di Piero Sbarluzzi  una tessera ambita , la più amata da parte di un pientino molto legato, in senso simbolico e materiale, alla sua terra.

 L’affetto dei pientini per Piero Sbarluzzi va  ben oltre l’aspetto artistico, che pur è fondamentale nella sua vita di scultore. La sua vita si è legata da sempre al tema della ‘creta’,  oggetto non solo materiale del suo personalissimo modo di esprimersi, una materia solo apparentemente sterile e inanimata, alla quale Piero Sbarluzzi ha saputo dare il soffio inimitabile della vita. Il suo essere fin da ragazzo tutt’uno con la storia della sua famiglia  e con la materia di cui è fatta la Val d’Orcia, gli ha assegnato nella vicenda contemporanea pientina un posto d’onore, una sorta di privilegio naturale guadagnato con la fatica e la genialità di ogni giorno, speso a dare movimento, vita e poesia alle sue creazioni animate. Nel suo laboratorio quasi nascosto fra le Crete, Piero Sbarluzzi ha osservato giorno dopo giorno la vita che si muoveva attorno, ha fatto propria la gestualità antica dei contadini e dei riti del lavoro, ha  amato il movimento dolce  del corpo umano, arreso alla quotidianità, ha ammirato il movimento degli animali e l’incedere regale e antico dei cavalli, animali così cari al paesaggio senese.  Ha osservato  e studiato la scultura antica con la venerazione dell’artista innamorato ed ha ricostruito dentro si sé, prima che fuori ,il movimento del lavoro e della vita, i  miti, riti religiosi e civili, del mondo del lavoro, cioè la storia di Pienza, la sua Città.

Gli altorilievi  con scene di vita dei campi che gli hanno procurato una meritata fama, costituiscono per noi pientini  non solo un esempio di maestria  nel campo della scultura, di cui è ricca la storia senese a partire dal Medioevo, ma soprattutto appaiono come un modo inimitabile di celebrare con grande poesia  momenti lontani e mai dimenticati della nostra infanzia, fatta di povertà, di penuria, di riti agrari, di socialità, come la vendemmia o la trebbiatura, di una lontana e  commovente convivialità, che  ci è appartenuta, ci ha consolato e amato, prima del tempo dell’omologazione.

L’arte plastica di Piero Sbarluzzi per noi pientini ha sempre significato soprattutto questo: la sua capacità a nome di tutti noi, di saper scrivere a suo modo nella Creta e con  la Creta, una storia che conosciamo bene solo noi, che abbiamo sperimentato sulla nostra pelle, nella nostra fatica quotidiana, nella nostra gioia  come nella nostra tristezza. In quelle sculture che rappresentano scene di vita di campagna ci siamo tutti noi, ci sono i nostri padri e  i nostri nonni con la loro parca gestualità antica e la loro antica lentezza, la loro mai dimenticata pazienza di vivere, dentro la fatica di ogni giorno, vissuta con la speranza di un mondo migliore.

La poesia di Piero Sbarluzzi nel raccontare un passato lontano, ma sempre presente nel nostro cuore, fa parte di questa tradizione novecentesca che ha visto lui con altri pientini, prima di tutti Aleardo Paolucci scomparso da poco, lavorare puntualmente con entusiasmo e modestia, con impegno, con consapevolezza e generosità  non solo per se stessi, ma soprattutto per la Comunità, sempre presenti in ogni momento  a sostenere e onorare con la propria arte gli eventi e i momenti importanti della storia pientina.

Oggi, nel momento in cui un altro evento si aggiunge a tanti altri, non possiamo non accorgerci del fatto  che non siamo di fronte ad una mostra importante come tante altre, ma siamo davanti ad un evento storico e ad una scadenza  sentita dalla nostra Comunità come propria, come parte insostituibile della nostra storia recente. Nelle sculture di Piero ci sono i corpi, i volti, i gesti, c’è il paesaggio  esteriore e interiore della nostra vita e noi soprattutto, che pur non veniamo mai meno alla giusta considerazione delle ragioni dell’arte antica e moderna e  contemporanea, non possiamo far a meno di rende omaggio al lavoro decennale  compiuto nel secolo passato e nel nuovo da Piero Sbarluzzi per sé stesso, ma anche a nome di tutti noi pientini, invitandolo a proseguire ancora, col suo esempio e la sua maestria,

Perché se  l’Arte in genere ha il suo percorso storico, i suoi maestri e i suoi miti, le sue accademie  con le sue gioie e i suoi successi, i suoi necessari eccessi e le sue adorabili  manifestazioni, che meritano sempre rispetto e attenzione, non possiamo dimenticare che storicamente l’arte ha anche avuto e continuerà ad avere questa nobile funzione di comunicazione, di rappresentazione, di interpretazione del reale nella e per la comunità;  la ‘mimesis’ di antica memoria, che ha fatto  muovere e commuovere per secoli , che ha educato e commosso, che ha insegnato e imparato dalla vita l’importanza di un gesto, di un rito, di un movimento inconsapevole ma significativo, da immortalare per sempre in una tavola, in una tela, in un pezzo di Creta, il paesaggio esteriore e interiore della nostra vita in cui riconoscersi.

 

Questo infatti significa oggi l’arte di Piero, così come quella di altri artisti pientini di tradizione: la loro capacità di essere stati presenti per oltre  mezzo secolo dentro a quel processo di costruzione e rinvio al futuro prossimo, del senso di appartenenza e di identità che è insostituibilmente parte di noi e di questa comunità. La storia religiosa e civile, politica e sociale, artistica e poetica della terra senese è stata  per secoli soprattutto questo. Il desiderio e la capacità di scrivere, dipingere, costruire e sognare ad un tempo. La capacità e il desiderio di rendere la  nostra terra icona perenne e riconoscibile di un modo di vivere e di essere che tutto il mondo ci riconosce proprio ed inimitabile.

Se l’Arte non è capace di collegarsi al modo di essere di vivere e di sognare, di sperare e di lottare come un tempo, se non è capace di fare ‘poesia’ e ‘storia’ ad un tempo è un’Arte morta, esercizio ammirevole ma solo cerebrale, che non porta nulla, che non ci interessa. Piero  invece ci ha aiutato e ci aiuterà ancora a godere dei nostri corpi e delle nostre idee, a riconoscerci nei nostri paesaggi per sognare il futuro e  ricordare il passato. Per aspettare con fiducia quelli che verranno e per amare ancora quelli che non ci sono più. Di questo gli vogliamo dire soprattutto ‘ grazie’.

 

 

 

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Molto bello bravo!

Fabio Pellegrini ha detto...

Domani servizio sul Corriere di Siena

Martino ha detto...

Non solo un grande "Maestro" ma soprattutto una meravigliosa persona!
Martino

Anonimo ha detto...

si tutto bello e molto bravo, ma gia' trito e ritrito... qualcosa di nuovo...a quando?