NOTIZIE DALLA VALDORCIA.
edizione speciale
BLOG’
IL LUNGO RACCONTO DI CRETA DI PIERO SBARLUZZI
di Fabio Pellegrini
Domani si apre a Pienza la
personale di Piero Sbarluzzi, scultore
pientino molto apprezzato in Italia e all’estero, protagonista di una lunga
stagione artistica di successo, che gli ha procurato il consenso della critica
e in particolare di Vittorio Sgarbi, che
ospita le sue opere nella collezione privata. L’evento che si apre domani e che
coinvolge tutti gli spazi più importanti della Città di Pio II, dove sono state
collocate le sue sculture, si protrarrà per tutta l’estate e costituirà l’arredo
artistico di Pienza Città dell’Unesco. La scelta di questa personale pientina
aggiunge alla carriera artistica di Piero Sbarluzzi una tessera ambita , la più amata da parte di
un pientino molto legato, in senso simbolico e materiale, alla sua terra.
L’affetto dei pientini per Piero Sbarluzzi
va ben oltre l’aspetto artistico, che pur
è fondamentale nella sua vita di scultore. La sua vita si è legata da sempre al
tema della ‘creta’, oggetto non solo materiale
del suo personalissimo modo di esprimersi, una materia solo apparentemente
sterile e inanimata, alla quale Piero Sbarluzzi ha saputo dare il soffio
inimitabile della vita. Il suo essere fin da ragazzo tutt’uno con la storia
della sua famiglia e con la materia di
cui è fatta la Val d’Orcia, gli ha assegnato nella vicenda contemporanea
pientina un posto d’onore, una sorta di privilegio naturale guadagnato con la
fatica e la genialità di ogni giorno, speso a dare movimento, vita e poesia
alle sue creazioni animate. Nel suo laboratorio quasi nascosto fra le Crete,
Piero Sbarluzzi ha osservato giorno dopo giorno la vita che si muoveva attorno,
ha fatto propria la gestualità antica dei contadini e dei riti del lavoro,
ha amato il movimento dolce del corpo umano, arreso alla quotidianità, ha
ammirato il movimento degli animali e l’incedere regale e antico dei cavalli,
animali così cari al paesaggio senese.
Ha osservato e studiato la scultura
antica con la venerazione dell’artista innamorato ed ha ricostruito dentro si sé,
prima che fuori ,il movimento del lavoro e della vita, i miti, riti religiosi e civili, del mondo del
lavoro, cioè la storia di Pienza, la sua Città.
Gli altorilievi con scene di vita dei campi che gli hanno
procurato una meritata fama, costituiscono per noi pientini non solo un esempio di maestria nel campo della scultura, di cui è ricca la
storia senese a partire dal Medioevo, ma soprattutto appaiono come un modo
inimitabile di celebrare con grande poesia
momenti lontani e mai dimenticati della nostra infanzia, fatta di povertà,
di penuria, di riti agrari, di socialità, come la vendemmia o la trebbiatura,
di una lontana e commovente convivialità,
che ci è appartenuta, ci ha consolato e
amato, prima del tempo dell’omologazione.
L’arte plastica di Piero
Sbarluzzi per noi pientini ha sempre significato soprattutto questo: la sua
capacità a nome di tutti noi, di saper scrivere a suo modo nella Creta e
con la Creta, una storia che conosciamo
bene solo noi, che abbiamo sperimentato sulla nostra pelle, nella nostra fatica
quotidiana, nella nostra gioia come
nella nostra tristezza. In quelle sculture che rappresentano scene di vita di
campagna ci siamo tutti noi, ci sono i nostri padri e i nostri nonni con la loro parca gestualità
antica e la loro antica lentezza, la loro mai dimenticata pazienza di vivere,
dentro la fatica di ogni giorno, vissuta con la speranza di un mondo migliore.
La poesia di Piero Sbarluzzi nel
raccontare un passato lontano, ma sempre presente nel nostro cuore, fa parte di
questa tradizione novecentesca che ha visto lui con altri pientini, prima di
tutti Aleardo Paolucci scomparso da poco, lavorare puntualmente con entusiasmo
e modestia, con impegno, con consapevolezza e generosità non solo per se stessi, ma soprattutto per la
Comunità, sempre presenti in ogni momento
a sostenere e onorare con la propria arte gli eventi e i momenti
importanti della storia pientina.
Oggi, nel momento in cui un altro
evento si aggiunge a tanti altri, non possiamo non accorgerci del fatto che non siamo di fronte ad una mostra
importante come tante altre, ma siamo davanti ad un evento storico e ad una
scadenza sentita dalla nostra Comunità
come propria, come parte insostituibile della nostra storia recente. Nelle
sculture di Piero ci sono i corpi, i volti, i gesti, c’è il paesaggio esteriore e interiore della nostra vita e noi
soprattutto, che pur non veniamo mai meno alla giusta considerazione delle
ragioni dell’arte antica e moderna e
contemporanea, non possiamo far a meno di rende omaggio al lavoro
decennale compiuto nel secolo passato e
nel nuovo da Piero Sbarluzzi per sé stesso, ma anche a nome di tutti noi
pientini, invitandolo a proseguire ancora, col suo esempio e la sua maestria,
Perché se l’Arte in genere ha il suo percorso storico,
i suoi maestri e i suoi miti, le sue accademie
con le sue gioie e i suoi successi, i suoi necessari eccessi e le sue
adorabili manifestazioni, che meritano
sempre rispetto e attenzione, non possiamo dimenticare che storicamente l’arte
ha anche avuto e continuerà ad avere questa nobile funzione di comunicazione,
di rappresentazione, di interpretazione del reale nella e per la comunità; la ‘mimesis’ di antica memoria, che ha
fatto muovere e commuovere per secoli ,
che ha educato e commosso, che ha insegnato e imparato dalla vita l’importanza
di un gesto, di un rito, di un movimento inconsapevole ma significativo, da immortalare
per sempre in una tavola, in una tela, in un pezzo di Creta, il paesaggio esteriore
e interiore della nostra vita in cui riconoscersi.
Questo infatti significa oggi l’arte
di Piero, così come quella di altri artisti pientini di tradizione: la loro
capacità di essere stati presenti per oltre
mezzo secolo dentro a quel processo di costruzione e rinvio al futuro
prossimo, del senso di appartenenza e di identità che è insostituibilmente
parte di noi e di questa comunità. La storia religiosa e civile, politica e sociale,
artistica e poetica della terra senese è stata per secoli soprattutto questo. Il desiderio e
la capacità di scrivere, dipingere, costruire e sognare ad un tempo. La
capacità e il desiderio di rendere la
nostra terra icona perenne e riconoscibile di un modo di vivere e di
essere che tutto il mondo ci riconosce proprio ed inimitabile.
Se l’Arte non è capace di collegarsi
al modo di essere di vivere e di sognare, di sperare e di lottare come un
tempo, se non è capace di fare ‘poesia’ e ‘storia’ ad un tempo è un’Arte morta,
esercizio ammirevole ma solo cerebrale, che non porta nulla, che non ci
interessa. Piero invece ci ha aiutato e
ci aiuterà ancora a godere dei nostri corpi e delle nostre idee, a riconoscerci
nei nostri paesaggi per sognare il futuro e
ricordare il passato. Per aspettare con fiducia quelli che verranno e
per amare ancora quelli che non ci sono più. Di questo gli vogliamo dire
soprattutto ‘ grazie’.
4 commenti:
Molto bello bravo!
Domani servizio sul Corriere di Siena
Non solo un grande "Maestro" ma soprattutto una meravigliosa persona!
Martino
si tutto bello e molto bravo, ma gia' trito e ritrito... qualcosa di nuovo...a quando?
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