giovedì 10 agosto 2017

OGGI alle 19 apre la mostra della Fabbriceria della Cattedrale

I Paolucci a Pienza



Esiste da tempo una narrazione della Val d’Orcia che continua da  ben oltre mezzo secolo e che si esprime nell’arte figurativa, nella rappresentazione teatrale, nella letteratura popolare. Sono parte di questa tradizione coloro che, con una definizione tipicamente novecentesca si possono definire così : I Paolucci. Ora è difficile negare che a Pienza I Paolucci   costituiscano artisticamente un ‘unicum’ diversificato nei paradigmi, ma profondamente unito nello spirito, se non più semplicemente nel lavoro portato avanti nella stessa bottega.. In ogni caso è un fatto ormai acquisito e visibile nella storia artistica di questa piccola città e della Val d’Orcia,  l’esistenza di una tradizione familiare  chiamata Paolucci, iniziata con Aleardo negli anni  Trenta  legata alla pittura, sviluppatasi dopo la seconda guerra mondiale, proseguita nel tempo del boom economico e delle avanguardie fino agli anni Ottanta e Novanta con l’ingresso di Enrico nella bottega, proiettatasi nel nuovo secolo  negli anni Zero, come si sogliono definire questi nostri indecifrabili e difficili anni. Da Aleardo a Enrico ecco che ‘I Paolucci’ si sono costantemente tenuti vicini a questo nostro mondo, a questo nostro paesaggio, a queste nostre narrazioni, con il rispetto, la passione e l’ammirazione   di chi ha considerato e  vissuto l’ambiente e la storia dei luoghi quale materia essenziale di ispirazione. Oggi, per la prima volta, in senso pienamente consapevole le opere e il percorso dei  Paolucci sono divenuti oggetto di una Mostra che segna una pietra miliare nella storia di questa famiglia pientina;  parlo di storia artistica, ma anche di storia civile. Una Mostra nella quale per la prima volta si è cercato di ricostruire la vicenda di una bottega d’arte, di un laboratorio, quello di Beccacervello, casale che è anche il ‘ genius loci’ di una tradizione artistica. Questo luogo dove abitano e vivono da sempre’ I Paolucci’, vide oltre un secolo fa la presenza occasionale di un grande pittore futurista vissuto da bambino a Pienza, Gino Severini e  la presenza abitativa di una pittrice purista toscana di grande valore legata alla storia della Città: Romea Ravazzi, detta familiarmente la Zia Remy. In questa casa fu spesso ospite e collaboratore di Aleardo, Mario Luzi  con l’amico pientino  professor Leone Piccioni, entrambi cittadini onorari di Pienza. Il laboratorio di Enrico Paolucci, rimasto purtroppo privo del padre alcuni anni fa, non ha mai perduto il suo fascino e la sua vitalità dopo la perdita del  fondatore, ma ha trovato nel lavoro artistico di Enrico, iniziato  oltre trenta anni orsono accanto al padre, una continuità  feconda, tale da potersi definire nella sua assoluta originalità un genere di pitto-scultura contemporanea, che  ha scelto la cartapesta quale materia privilegiata del suo lavoro, così come Aleardo aveva a suo tempo scelto la classica tela. Se Enrico avesse deciso di dipingere su tela, sarebbe stato  naturale pensare ad una trasmissione dell’arte paterna, ma trattandosi di un genere completamente diverso, che  vanta pure essa una tradizione antica nella storia dell’arte sacra senese, occorre riconoscere che, se l’humus artistico e rappresentativo su cui ha germogliato la sua arte è quello della Bottega Paolucci, il risultato del suo lavoro appare assolutamente nuovo, dotato di una carica poetica  originale, che trova l’ispirazione  nella stesso paesaggio, ma che appare capace di  distaccarsi da esso, percorrendo strade nuove e aprendosi a temi propri dei nostri giorni. In questa Mostra Enrico Paolucci ha voluto onorare la memoria di Aleardo,  proponendo una  retrospettiva riassuntiva del linguaggio più amato e noto del padre,  accostandovi  in modo  simbolico alcuni esempi del proprio universo pitto-scultoreo che ad esso si ricollega, sviluppandolo su piani diversamente concepiti e diversamente interpretati. Un’ unione  ideale dello spirito della ‘Bottega d’arte’ dove tutto è nato, modificandosi e sviluppandosi  dietro l’incedere delle stagioni culturali e del tempo. In questa bella Mostra ‘I Paolucci’ hanno potuto ritrovarsi, seguendo una logica storico-familiare ragionata, riordinando l’ ispirazione poetica attorno ad alcuni motivi originali,  rendendo visibile e splendente una sorta di  materia archetipica familiare, una narrazione del tempo che passa inesorabile, ma che nella bottega dei Paolucci sembra talvolta essersi fermato, per poi ripartire  nella spinta creativa di Enrico, oggi conosciuta e apprezzata in Italia e all’estero. Enrico Paolucci ha portato avanti una ricerca originale ed affascinante sul colore, prendendo in esame i cromatismi naturali del paesaggio valdorciano con le sue materie  primarie: l’argilla delle Crete senesi, il color ocra della Terra di Siena, il chiarore pallido delle biancane, il verde dei seminativi nudi, il marrone scuro della terra lavorata dopo le piogge autunnali, il verde scuro dei boschi e quello  argentato degli ulivi. Recentemente ha recuperato l’uso   nelle sue pitto-sculture  del  colore tipico del fondo-oro dei pittori antichi senesi. Una ricerca attenta della tradizione iconografica delle nostre pievi e delle sepolture antiche ha spinto Enrico Paolucci a eleggere a simbolo della Valdorcia un  bestiario antico, dove risplendono le figure stilizzate  di alcuni animali:  il cinghiale, il gatto selvatico, il gallo, la civetta, il gufo, l’upupa, insieme ad una varietà di grandi pesci variamente dipinti, tutti elementi simbolici di un’antica tradizione culturale, religiosa e civile, che da sempre ha alimentato  il fantastico medioevale e le narrazioni  della cultura contadina locale. Seguendo un’ispirazione rivolta anche all’ osservazione della vita contemporanea, sviluppando i temi dell’amore e della ricerca della gioia condivisa, Enrico Paolucci ha affrontato anche una tematica delicata e poetica popolata di figure  in movimento  con una esplorazione del mondo e della vita dei caffè, dei pub e  dei luoghi mondani amati dai giovani , alla ricerca di musica, di  svago, di emozioni. Sono nati così dei pannelli narrativi di suggestivo aspetto.
Dunque, in questa significativa e puntuale Mostra su I Paolucci  a  Pienza non  è soltanto narrata ai  pientini gran parte della loro storia del Novecento, ma è rappresentato anche l’avvio della nuova Era dell’accesso,  con un’ attenta ricerca delle sue fascinazioni e  dei suoi miti, degna della nostra migliore tradizione artistica.

Fabio Pellegrini

Nessun commento: