«Quando nostro figlio ha compiuto cinque anni, i nonni gli hanno regalato il Nintendo. Già in quel momento abbiamo notato che il gioco lo prendeva moltissimo e che faceva fatica a staccarsi. Poi in prima media è arrivato il primo smartphone suo personale, è stato lì che è cominciato tutto». Giulio (nome di fantasia) oggi ha 13 anni ed è dipendente dal gioco da quando ne aveva dieci. Il cellulare è la sua ossessione ed è arrivato a giocare anche otto ore al giorno consecutive. Il rendimento scolastico è calato e ha forti sbalzi d’umore, è aggressivo e non accetta regole. «Dice sempre parolacce, ci ha detto che siamo dei genitori di merda, che abbiamo una casa schifosa… Quando provi a togliergli il telefono impazzisce, una volta ha rovesciato lo stendino ed è arrivato a dare un pugno in faccia alla mamma».

Quella di Giulio è una delle tante storie, raccontate dalla viva voce di genitori e psicoterapeuti, raccolte in un’inchiesta sulla ludopatia che colpisce bambini e ragazzini pubblicata su FqMillenniuM, il mensile diretto da Peter Gomez, attualmente in edicola con un numero dedicato alla droga e alle dipendenze. Il loro problema non è il gambling, cioè il gioco d’azzardo, ma il gaming, i classici videogiochi online, per esempio di combattimento, dove fra l’altro spesso è necessario pagare per comprare più vite o per potenziare il proprio personaggio, in modo da passare ai livelli successivi. Così la 12enne Laura è arrivata a spendere 500 euro in due mesi con la carta di credito della nonna: è uno dei tanti casi trattati da Giuliana Guadagnini, esperta di psicopatologie legate alla diffusione di internet e dei videogiochi, che ha accompagnato la giornalista Alice Facchini nell’inchiesta. In altri casi i soldi vengono scalati direttamente dal traffico telefonic