venerdì 10 aprile 2020

L ' Ottimismo

5 commenti:

federico cognome ha detto...

un articolo senza testa né coda oggi su Repubblica dal titolo la letteratura è sempre morale, dietro c’ è di paolo, sono sicuro.

parla di scrittori che hanno vissuto nel novecento e che hanno subito il fascino delle peggiori ideologie, li giustifica nel nome dell’ arte! dicendo che gli scrittori non hanno bisogno di fare patti di sangue…se valgono, moralità o meno sarà la loro forza letteraria a farne il successo e a farla durare nel tempo…come se il pubblico fosse solo pronto ai capolavori!! il pubblico non ha sempre ragione e spesso giustificando il modello si rischia di giustificare anche la pletora che lo segue.

a parte che non riesco a trovare nessun punto di contatto tra celine e Joyce, tra Shakespare e châteaubriand, tra Dickens e t. s. eliot, quello che non capisco è come si faccia a non contestualizzare il contenuto di un’ opera, a non porre quell’ autore o autrice dentro il contesto storico.

se la prima metà del novecento è finita in quel modo forse la colpa è stata anche di certa letteratura, gli intellettuali che tendevano al fascismo lo facevano prima di tutto come persone e poi casomai come scrittori!

non ci credo che un’ artista si faccia talmente trasportare da quel che scrive da farne un’ ideologia a sua insaputa, a parte bianconi.

mettere sullo stesso piano borges che dava consigli a videla con Proust che ammazzava i topi poi, è veramente surreale!

si può leggere un bel libro, apprezzarlo e poi dire che comunque la vita di quell’ autore non potrà mai essere un modello per la nostra, per tante ragioni, non ultima la semplice idea che siano passati 100 anni e che quel che pensavano allora per noi è fuori dal mondo.

altra cosa è riproporlo senza filtrarne vita e contesto storico.

ci sono libri, poi, che qualcuno percepisce come capolavori ma magari ad altri fanno schifo, a me è capitato spesso, tipo a me Porust non piace un granché, mentre adoro Joyce, è parte della libertà che ci dà lettura.

il fatto grave arriva quando ‘sto Manguel dice che “ la dimensione di un’ opera letteraria o d’ arte è sempre maggiore a quella dei migliori tra i loro lettori ”, che non vuol dire niente!

ogni scrittore è prima di tutto un lettore, e soprattutto uno scrittore può benissimo rinunciare a scrivere un ‘ capolavoro ’ se è consapevole che magari non è il momento storico + propizio per mettere il proprio ego al di sopra del destino comune.

a meno che non lo faccia perchè si crede lui stesso un frutto del destino del mondo, ma questo significherebbe dare all’ artista troppa importanza, siamo al fanatismo. roba da corte di baricco!

meglio fare un lavoro umile piuttosto che vivere nella consapevolezza che la propria arte venga utilizzata per le peggio cose. io non ci dormirei la notte.

quel che è successo con gli intellettuali nel primo novecento dovrebbe essere da monito per non ricaderci, piuttosto che servire a giustificare celine o ezra pound.

comunque sono opinioni.

Anonimo ha detto...

chissenefrega

Anonimo ha detto...

Non vorrei che cognome di offendesse, ma leggere qui sopra un suo pezzo critico su un articolo di Repubblica che nessuno, scommetto, oggi ha letto ma a chi può interessare? Non è che sei solo un troll?

Anonimo ha detto...

ci frega un cazzo

Anonimo ha detto...

scrive a mammeta scurnacchià !!