‘Racconti Pientini’
di Gilberto Ravagni
Il Prof. Gilberto Ravagni, ovvero la memoria storica pientina di questo tempo, il
testimone vivente del Novecento, che meglio di ogni altro ha cercato di
interpretare un secolo complesso e ricco di avvenimenti nella nostra
Comunità, ha compiuto un piccolo
miracolo di letteratura memorialistica. Ha scelto il profilo popolare, ha
privilegiato il registro del lessico familiare, è partito da storie quotidiane
e dalla rievocazione di personaggi, che molti di noi spesso non hanno mai
conosciuto, ma che hanno popolato i
nostri sogni e le nostre veglie lontane.
Il suo sforzo narrativo parte dal punto più lontano della storia della
Comunità e finisce per giungere molto vicino a noi, soprattutto alla nostra
comune tradizione narrativa, fatta di aneddoti, di atmosfere, di personaggi che
non saranno mai dimenticati, perché sono divenuti con la loro caratteristica
personalità, le icone del nostro passato e ora anche del nostro presente.
Il libro oggi presentato ha prima di tutto questa
caratteristica e mira esplicitamente ad un obiettivo chiaro e riuscito: la
ricostruzione di atmosfere. Credo che da
un punto di vista narrativo, questa operazione sia la più difficile ma, come
dimostrato, non lo è affatto quando a
raccontare è colui che a queste atmosfere è sopravvissuto senza mai cancellarle dai suoi ricordi. Il Prof. Gilberto Ravagni riesce pienamente nell’intento di raccontare,
restando fedele al suo naturalistico
ritmo narrativo. Lavorando sulla memoria della Comunità perviene con la sua narrazione ad un risultato
gradevolissimo, capace di accompagnarci con studiata lentezza e perfetta straniazione alla scoperta di fatti
e personaggi che tornano a vivere in un tempo sapientemente rievocato.
I personaggi tornano alla ribalta di questa letteratura della
memoria con l’incedere di una narrazione che si fa testimone del passato e della sua
ricostruzione. Ne risulta un lungo racconto animato da storie,
aneddoti, mitologie pientine e paesaggi lontani : un melting-pot narrativo che riesce a riportare chi legge o chi ascolta ad
una realtà vissuta, palpitante e rievocativa.
Uomini, animali e cose sono parte inscindibile di un paesaggio umanizzato, elementi di una semplicità antica. Una realtà per molti di
noi sconosciuta, fatta di abitudini parche, di gestualità misurata, di eloquenza proverbiale. Tutto ciò a conferma
del fatto che, nel tempo in cui la maggior parte delle persone si esprimeva
poco con la scrittura , sapeva invece usare la forza corrosiva e la potenza
immaginaria della parola, con consumata abilità.
Un’ attenzione particolare non si può non dedicare alla
lingua, ovvero al lessico pientino, che in questo libro di racconti costituisce
a mio avviso l’elemento centrale dell’opera, capace di unificare tutto ciò che solo apparentemente appare
suddiviso in episodi e personaggi
diversi, ma che in realtà è parte di uno stesso universo. Pagina dopo pagina i racconti si
legano l’uno all’altro in una sapiente catena narrativa, si susseguono in una lingua che, anche
laddove appare inevitabile l’introduzione
o la giustificazione storica, finisce
per amalgamarsi con la voce dei personaggi in un ‘unicum’ lessicale: autentica letteratura vernacolare. La ricchezza
lessicale è quel lascito importante che una generazione trasmette ad un'altra e
consente ad un contesto comunitario di
non perdere mai la sua identità e il suo spirito di appartenenza. In questo
senso il Prof. Gilberto Ravagni ha potuto mettere a frutto la sua lunga
esperienza di conoscitore di questa
lingua, frutto della frequentazione delle crete e dei poderi
nell’età mezzadrile, della sua esperienza nella scuola, e di frequentatore del paesaggio agrario
pientino.
Un affettuoso complimento e un applauso sincero merita dunque
il lavoro di recupero della memoria del Prof. Gilberto Ravagni, che con un così
sentito impegno civile, ha restituito un
autentico patrimonio linguistico e culturale alla nostra Comunità.
Fabio Pellegrini
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