La microcriminalità e il degrado di Pisa, il tasso di disoccupazione da profondo sud di Massa e la Siena messa in ginocchio dopo il default di Mps. Il 10 giugno nella ormai ex rossa Toscana si vota in 21 Comuni ma sono i tre capoluoghi di Provincia a far tremare le gambe al Partito Democratico che, dal 2014 in poi, in questa regione ha perso quasi tutte le ex roccaforti rosse (esclusa Firenze): Livorno, Cascina, Pistoia, Carrara, un po’ a beneficio del M5s e un po’ a beneficio della destra. E così, nelle ultime settimane, tra i dirigenti del Pd toscano si aggira uno spettro: quello dello 0-3. Cosa accadrebbe?, si chiedono tra i corridoi di via Forlanini a Novoli, diventato il quartier generale dei democratici toscani. Oltre ai grandi temi della sicurezza e della crisi economica che ha colpito indistintamente sia la costa che l’entroterra, il centrosinistra in queste tre città ci ha messo del suo a complicarsi la vita con guerre fratricide che potrebbero spalancare la porta del Comune alla Lega o al Movimento 5 Stelle: nella città della Torre Pendente la frattura interna sulle regole delle primarie ha portato al commissariamento del Partito e ad un candidato sindaco, Andrea Serfogli, debole e in continuità con la giunta precedente; a Massa l’uscente Alessandro Volpi è detestato dai renziani che lo hanno osteggiato dall’inizio del mandato: infine a Siena il sindaco Bruno Valentini dovrà vedersela con almeno altri 5 candidati alla sua sinistra