L’Italia è ultima in Europa per le immatricolazioni di auto elettriche in rapporto alla popolazione. Intendiamo qui le cosiddette Bev, le auto elettriche pure. Altro discorso sono le ibride, che a loro volta si suddividono in diverse tipologie. Da notare: con le regole che entreranno in vigore dal 2035 anche le ibride non potranno più essere vendute, saranno immatricolate solo auto con emissioni zero allo scarico.
Auto elettriche, lo stop della Ue: cosa cambia dal 2035? Ci sono incentivi?
di Rita Querzè e Andrea Rinaldi
In italia solo il 2,5% delle nuove vendite è elettrico
Gli italiani però sembrano poco interessati all’auto elettrica. In Norvegia a gennaio erano elettriche l’85% delle auto vendute. Il 29% in Svezia, il 21% in Austria, il 18 in Svizzera, il 13 in Germania, il 10% circa in Germania e Regno Unito, il 5,9% in Spagna. In Italia soltanto il 2,5%. La diffidenza degli italiani rispetto all’auto elettrica può essere spiegata solo in parte con l’insufficienza dei punti di ricarica. In realtà, in valore assoluto, i nostri punti di ricarica sono superiori a quelli della Spagna. Se poi consideriamo i punti di ricarica rapportati al numero di auto elettriche «pure» circolanti, non abbiamo nulla da invidiare non solo alla Spagna ma anche a Francia e Germania. Certo, il problema è anche che la distribuzione degli stessi punti di ricarica non è omogenea. Sono ancora pochi quelli presenti sulle autostrade, per esempio. «L’auto elettrica pura resta una seconda o terza vettura, che può utilizzare chi ha a disposizione un garage per la ricarica», dice Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor. «Il punto è che le auto elettriche costano ancora più di quelle diesel o benzina. Servirebbero incentivi più mirati abbinati a un ulteriore potenziamento delle infrastrutture. Ed è corretto finanziare il tutto con fondi pubblici perché la ricaduta finale è positiva per tutti i cittadini, in termini di minore inquinamento
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