Recensione del romanzo di Anna Luisa Pignatelli ' IL CAMPO DI GOSTO' (Fazi editore) che sarà presentato all' Emporio Letterario a Pienza, candidato al Premio Strega.
Gosto
Vittorini avrebbe amato
questo romanzo per la semplice ragione
che è chiaramente appartenente al genere di letteratura che lo scrittore
siciliano teorizzava, sia pure in altri tempi. Lui infatti criticava fortemente
la scrittura ‘consolatoria’, come la chiamava. Quella che mirava cioè a
pacificare con se stesso il lettore desideroso di compattezza spirituale e di esempi
socialmente edificanti. Gosto invece è sì un personaggio in sé positivo, ma lo
è in un mondo turbato dalla cattiveria e talvolta dalla crudeltà che si
nasconde nelle persone più prossime, nei fatti più insignificanti, nelle
chiacchiere meno significative, nella gestualità quotidiana e nella fame di
denaro dissimulata, nel gergo degradato del bar e del meccanico di paese, di un
mondo stretto fra le Crete senesi e il Chianti, fra Ruffolo e il poderino di
Focaia. Siamo alla poetica del subliminale di una società fattasi ignobile
trappola, da universo solidale quale era. Qui una volta abbandonato dalla
moglie Gosto ricostruisce con pazienza il suo mondo interiore a modello di
quello esteriore, vi si colloca al centro, novello signore del nulla, per tutti
i suoi compaesani, ma signore di tutto, di tutto quello che lui ha sempre amato
indipendentemente dalla cattiveria che lo ha sempre circondato come tutti. Il
mondo rurale così come è. L’eroe positivo/negativo di questo romanzo ha due
caratteristiche che ricordano due scrittori amanti della toscanità: Federigo
Tozzi e Carlo Cassola così lontani nel
tempo, ma così vicini all’interno di un paesaggio agrario sentito come universo
interiore e scenario dove si manifesta e si impone il destino dei personaggi
dei romanzi. La crudeltà della vita e del destino in Tozzi è onnipresente a
minacciare le sue campagne e i suoi vicoli senesi, in Cassola invece il mistero
della vita e della morte è immortalato come per Gosto nel brillare delle stelle
vanamente osservate e interrogate sul mondo. Uno scrittore come Giordano Bruno
Guerri parlando della sua terra natia, la montagnola senese, ha definito il
colore dei nostri boschi e delle colline dove lui è nato a Jesa vicino a
Monticiano ‘ di un verde tragico’. Credo che nessuno che conosce così bene la
storia e la geografia spirituale della nostra terra abbia definito con maggiore
chiarezza e giustezza l’atmosfera che aleggia spesso nelle nostre colline.
Dunque in questo romanzo c’è assenza di
carattere ‘consolatorio’, l ‘ ineluttabile dominio della crudeltà anche nelle
piccole cose, nelle maldicenze, nel potere esercitato con voluttà, l’invidia
mascherata in varie maniere; è anche il paesaggio semantico che l’autrice di
questo romanzo così vero e amaro non cessa mai di farci percepire. Gosto è un
personaggio ‘reagente’ un uomo ‘tornasole’ la cui bontà appare come l’elemento
indispensabile di questo romanzo-laboratorio, in cui si analizza in modo
magistrale, come ci ha abituato la scrittrice da tempo, che sceglie sempre di
andare contro corrente rispetto alla domanda di certi lettori di eccessiva
‘serenità’. Non si può essere sereni in un mondo che sereno non è, del quale
si coglie nel comportamento delle
persone ogni vibrazione di cattiveria e
di invidia. Gosto nel suo ‘campo’ è l’ ‘homo faber- homo sapiens’, resiliente e
incurante del falso progresso e della cattiveria umana contro cui si batte con
naturalezza. In mezzo a questo ‘verde tragico’ Gosto si abbevera alla forza
della natura, all’autenticità della sua noncurante bellezza e vive il tempo
eterno del rapporto con essa. I suoi poveri oggetti da lavoro, la sua ape, la
sua sagacia e le sue tecniche , le sue conoscenze antiche lo riconciliano con
questo mondo che arcaico non lo è più, ma che ne conserva il fascino. Gosto si addentra inconsapevole in
un mondo ormai cambiato per sempre dal denaro, dalla fine della sincerità, del
rispetto e dell'amicizia solidale che un tempo era presente nel mondo rurale.
Non un mondo ideale, affatto, un mondo difficile dove la cattiveria esisteva,
ma era mitigata dal senso di umanità legata alla famiglia patriarcale. Nel
bellissimo e inquietante racconto di questo romanzo il protagonista scende
lentamente in una trappola cieca, inconsapevole, puro, innocente, fiducioso,
alfiere invitto della sua ‘honestas’, eroe
di una epopea ormai dimenticata. Come nei romanzi di Tozzi egli va
incontro al suo destino vittima di un sistema implacabilmente in marcia contro
tutti quelli che hanno ‘creduto’. E’ il respiro ansimante della storia che nei
grandi eventi, così come nel piccolo quotidiano travaglio della vita, tutto
travolge. Gosto è l’eroe inconsapevole
che soccombe accanto alla sua bandiera di eroe civile, che sopravvive nella
memoria alla palude della cattiveria e del disonore fattosi regola condivisa di
una comunità e di una famiglia preda del demone della modernità. La letteratura
‘consolatoria’ non abita qui, la letteratura della ‘crudeltà’ ammonisce e svela
senza paura di che pasta è fatta spesso
la natura umana, capace di grandi imprese e di miserie inconfessabili. In
questo paesaggio fatto di luce e di buio, di lampi e di grotte oscure dell’anima, dove il canto
del chiù non scandisce più il ritmo delle favole raccontate accanto al
pagliaio, ma segna la fine di un mondo che tradisce la sua bellezza immobile e
impassibile. Cara Anna Luisa la sua scrittura che richiama a noi ammirati la
musica rotta e ammirabile della grande narrativa modernista, ci consegna anche
un mondo eternamente ammirato col suo paesaggio inquietante e sognante: le
Crete senesi di ieri, di oggi, di sempre, un indimenticabile- indecifrabile
labirinto dell’anima. Il poderino di Focaia è come la caduta di Sagunto davanti
all’incedere della severa e terribile ragione di un mondo infedele e capovolto.
Gosto è l’emblema dell’ultimo bagliore sinistro della sconfitta della sua Verità.
Fabio Pellegrini.
2 commenti:
Bellissimo romanzo.Grazie per il prezioso suggerimento.
Bellissimo romanzo. Grazie per il prezioso suggerimento.
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