A Giancarlo. In memoria.
di Laura Paolino
Il mio più antico ricordo di Giancarlo Bastreghi risale al 2009, quando in
un piovoso pomeriggio di novembre, durante una breve trasferta a Pienza per
visitare l’esposizione di dipinti di Romea Ravazzi, entrai nel suo negozio di
antiquario non senza un certo disagio e imbarazzo. Le ragioni di questa
disposizione di spirito nascevano da un senso di colpa e di vergogna. La
mostra della Ravazzi mi era sembrata bellissima. Tante tele, tanti oggetti
appartenuti alla pittrice, tanti documenti, lì raccolti e accuratamente illustrati,
restituivano per la prima volta, con rigore e passione, il ritratto morale e
culturale di un’artista poco conosciuta, minore, sì, ma senz’altro degna di
essere riscoperta.
La zia Remì (questo il nome con il quale era nota a Pienza) aveva fatto,
in un certo senso, parte di alcune famiglie pientine, presso le quali aveva
trovato ospitalità. Tra queste c’era anche la famiglia di mio nonno. Era
dunque un po’ anche mia parente. Da quando avevo memoria ricordavo il
ritratto baffuto del mio trisavolo Adamo Grappi, dipinto dalla Ravazzi, fare
bella e austera mostra di sé nel piccolo salotto di casa. Il nonno mi
raccontava, quasi come fosse una novella, che la pittrice aveva scommesso
con Adamo che senza alcun dubbio sarebbe stata capace di distinguerlo dal
fratello gemello. Quel burlone del trisavolo, allora, le aveva proposto di fargli
un ritratto. La pittrice aveva accettato e i due gemelli si erano divertiti a
presentarsi a turno alle sedute di posa, per un mese intero, senza che la
povera Ravazzi si accorgesse dello scambio di persona. Solo a lavoro finito
le si erano parati davanti entrambi, vestiti allo stesso modo, e, trionfanti e
sornioni, avevano svelato l’inganno. Remì, incredula, si era dichiarata
sconfitta. Quella storiella familiare, che tanto faceva ridere i nonni, a me
invece faceva uno strano effetto. Mi chiedevo, infatti, con sgomento, di chi
fosse allora il ritratto in salotto: di Adamo? del fratello? di entrambi?
Giancarlo, che della mostra era stato uno degli organizzatori, aveva
lavorato a lungo e intensamente alla ricerca dei dipinti che la Ravazzi aveva
lasciato, un po’ in varie parti d’Italia, come pure a Pienza. Con la sua
straordinaria pervicacia e il suo entusiasmo aveva convinto i collezionisti
privati a prestare i loro quadri di famiglia per l’esposizione, vincendo anche le
loro resistenze a toglierli per quell’occasione dalle loro cornici, perché è
senza cornice che si valorizza l’opera di un pittore.
Alla mia famiglia aveva telefonato nei mesi precedenti all’inaugurazione
della mostra, quando era in corso anche l’allestimento dell’importante
catalogo che l’avrebbe accompagnata, per chiedere la concessione del
ritratto di Adamo. Ci trovavamo allora in un momento di grave difficoltà per
questioni di salute della nonna (che di lì a poco sarebbe venuta a mancare) e
ci fu impossibile venire incontro, per ragioni logistiche e organizzative, alla
richiesta di Giancarlo.
Quanto fosse stata infelice quella decisione, seppure obbligata, me ne
ero accorta all’uscita dalla mia visita alla mostra. Giancarlo, infatti, era riuscito
a ottenere in prestito, dalla famiglia che lo possedeva, il ritratto del gemello di
Adamo (perché la Remì, per fare ammenda, aveva poi dipinto anche l’altro
fratello) e sarebbe stato un vero coup de théâtre presentare insieme la coppia
dei dipinti, gemelli come i loro soggetti. Solo allora, vedendo in mostra il
ritratto del fratello del trisavolo, avevo ricordato la fine della storiella che il
nonno mi raccontava. Remì, scornata dai due buontemponi paesani, aveva
proposto al fratello di Adamo di ritrarre anche lui, ma, a quel punto, usando
come modello il dipinto appena terminato.
Con il capo cosparso di cenere ero, dunque, entrata quel pomeriggio
nella bottega antiquaria di Giancarlo, per congratularmi per la mostra,
scusarmi ancora per la mancata concessione del nonno Adamo, e infine per
acquistare l’importante catalogo. Giancarlo mi accolse con la schiettezza e la
sobrietà di modi che gli appartenevano e, bontà sua, volle regalarmi quel
prezioso catalogo. La conversazione si protrasse per quasi un’ora e mi fu
subito chiaro che quell’affabile e loquace signore che avevo davanti non era
solo un antiquario, seppur antiquario di razza, ma un raffinato e competente
storico dell’arte, un cultore ineguagliabile delle memorie locali.
Da allora le nostre frequentazioni furono costanti, soprattutto nelle estati
pientine. Da quando aveva cessato, non senza una certa malinconia, la sua
attività professionale, il suo punto preferito di osservazione della vita paesana
era diventato il caffè Il Giardino, dove amava conversare con gli habitué di
quel bar. Ci incontravamo, quasi sempre per caso, o lì o in piazza Dante e
parlavamo di tutto. Aveva sempre qualche progetto per le mani, mostre di
pittori da organizzare, libri da presentare, personalità del mondo dell’arte o
della cultura da incontrare per mettere in cantiere qualcosa, e via dicendo. Lo
assisteva una memoria prodigiosa e sapeva tutto, soprattutto della storia di
Pienza. A lui, direttamente o tramite Fabio Pellegrini, mi sono rivolta spesso
per avere lumi quando preparavo la pubblicazione dei racconti pientini di mio
nonno Anselmo Grappi, dove si parla di fatti e personaggi del primo
Novecento.
Come non ricordare poi il ruolo che ebbe nel recupero e
nell’acquisizione alla Fondazione San Carlo Borromeo delle carte e dei
manoscritti di Stefano Tuscano? Un’operazione di politica culturale di grande
lungimiranza, che deve il suo felice esito proprio all’intuizione e
all’instancabile operato di Giancarlo. E quando fui cooptata nel progetto di
recupero e valorizzazione dell’Archivio di Stefano Tuscano Giancarlo
divenne, per me e per tutti gli studiosi poi coinvolti nell’edizione delle opere
dello scrittore, un punto di riferimento costante, una rassicurante stella polare
nella navigazione, spesso tempestosa, attraverso i meandri della vita di quel
pientino, come la Ravazzi, tutto da riscoprire.
Negli ultimi tempi, senza abbandonare il nostro scrittore, Giancarlo era
tornato alle sue passioni artistiche per la pittura, soprattutto in occasione delle
mostre pientine dedicate ad Aleardo Paolucci e a Dario Neri e Mario Luzi.
Con Giancarlo, che troppo presto ci ha lasciato, se ne va un acuto e
intelligente testimone della vita culturale pientina di un lungo tratto del
Novecento e dell’inizio di questo nostro secolo. Resterà, però, indelebile nella
nostra memoria, il ricordo di un amico impareggiabile, di un affabulatore
portentoso e ammaliante.
4 commenti:
La ringrazio a nome della mia famiglia tutta per queste parole che ricordano il nostro babbo con affetto. Stella Bastreghi
Considero Gian Carlo un amico mio personale e della mia famiglia. Fu lui infatti ad avere l'originale curiosità - e soprattutto la perseveranza - di investigare la vita e le opere del mio nonno paterno Stefano Benocci "Tuscano". Da questo si originarono poi ben due convegni in Pienza , nel 2019 e nel 2022. In quest'ultima occasione, feci presente a tutti che Gian Carlo era il "primo mobile" di quanto appunto seguì. Confermo assolutamente. Mi piace credere che il nonno Stefano sia tra coloro che l'hanno accolto dove è ora. Un abbraccio a tutta la famiglia, a cominciare da Stella, che conobbi per alcuni minuti proprio nel 2022.
Considero Gian Carlo un amico mio personale e della mia famiglia. Fu lui infatti ad avere la curiosità e la perseveranza di investigare la vita e le opere del mio nonno paterno Stefano Benocci "Tuscano". Da quella lunga e per nulla facile ricerca nacquero due convegni, nel 2019 e 2022. Nel corso di quest'ultimo, di fronte a tutti dissi a Gian Carlo che lui era il "primo mobile" di quanto appunto seguì. Confermo assolutamente. Mi piace credere che il nonno Stefano sia tra coloro che l'hanno accolto dove è ora. Un abbraccio alla famiglia, a cominciare da Stella, che conobbi per qualche minuto proprio nel 2022.
Il Blog ringrazia l'amica Laura per questa testimonianza ricca di affetto. Non avremmo mai voluto tutti noi amici di Giancarlo commentare la sua scomparsa improvvisa. Anche recentemente ad una riunione della Ass. Letteraria S. Tuscano Giancarlo era intervenuto come consigliere per fare proposte di iniziative. Poi un giorno ho ricevuto un suo messaggio in cui mi diceva : 'Non posso venire alla riunione, ho avuto un incidente e sono in ospedale..' Nessuno di noi pensava che sarebbe potuta finire così la sua vita molto attiva insieme a noi tutti sui temi 'pientini' a noi cari. Oggi sentiamo un grande vuoto per la sua mancanza e soprattutto per il contributo che aveva promesso alle iniziative letterarie in cantiere. Una vera iattura. Lui come molti di noi non era più giovane, ma la sua passione era 'giovane' e contribuiva non poco a mobilitare le energie pientine necessarie alla ricerca storica patria. In questi giorni tristi non possiamo fare altro che unirci al ricordo di tutti di una persona che a Pienza ha dato molto nel corso della sua vita, Ciao Gianca !!!!
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