‘Ronzo e
Lusia’ alla 'prima'.
Manzoni ‘lavora’ sotto traccia in una transposizione storica, che anima di ironia una dolente-esilarante favola dal vago sapore felliniano. In una scenografia calligrafica disegnata con sapienza pittorica, si confondono gli echi lontani e cupi di una guerra incombente. Trema la nicchia simbolica di una chiesa parrocchiale investita dal turbine. La figura di un Don Abbondio tremante di paura e di rabbia domina la scena, accecata dal dictat del milite possente.. Due frati traballanti recitano esilaranti stralocchi aggrappati al loro sproloquio balbuziente. Il pubblico sorride fino alle lacrime. Ma se il Federale si balocca in incognito con il suo orsacchiotto, sotto l' immagine di Ardito ecco che affiora la natura istrionica di un regime orrendo e bambinesco, che combatte una guerra di cartapesta.La ‘segnorina’ platinata del Gerarca declina intanto sulla scena il suo ‘breviario’ romagnolo, recitando una teoria di vezzose apparenze. Intanto sagome nere di monache e militi col fez, sfilano sul fondale calcinato e splendente attraversato dall’incedere meccanico di burattini tragici. La guerra fende la scena bruciata dai lampi e dal frastuono reboante degli scoppi della sequenza dolente-esaltante di questo vitalissimo ‘cinema’ teatrale. Esso ‘gira’ dentro una pellicola vorticosa, attorno a figure silenziose e fuggenti. ‘La guerra è finita’ . L'urlo che muore in gola alla perpetua, apre il pianto di Lusia, che legge l’addio di Ronzo ucciso dei tedeschi. E’ il ‘male’ della Storia che in ogni secolo torna con le sue fosche bandiere e i fili spinati di sempre, i suoi eroi e i suoi carnefici. Nel disegno classico della Piazza si stampa l’inchino degli attori sfiniti dalle veglie e applauditissimi, stretti attorno alla loro brava ‘capocomica’ . Sono come avvolti dal caldo, intenso, lunghissimo abbraccio del pubblico. Sono investiti dal venticello notturno pientino come da una meritata e adorabile carezza. (fp)
2 commenti:
👏
Grazie Fabio
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