La scuola che lascia indietro stranieri, fragili e poveri
Due velocità La destra festeggia l’un per cento in meno di abbandoni. Ma la dispersione implicita sale

Nel 2024 per la prima volta l’Italia è scesa sotto il 10% per quota di abbandono scolastico. Lo certificano Openpolis e la fondazione Con i bambini sulla base della raccolta dei dati emersi dagli ultimi rapporti nazionali, come Istat, e internazionali, come Ocse o Eurostat. Lo scorso anno, con il 9.8%, è stato raggiunto l’obiettivo che l’Ue nel 2020 aveva individuato per l’Italia. La nuova agenda europea impone il 9% entro il 2030. La notizia è stata amplificata dal governo a sostegno della narrazione che il modello di scuola della destra, basato su un mix di autoritarismo e nazionalismo, funziona a tutto tondo. La lettura completa dei dati suggerirebbe cautela e un altro tipo di lettura: la scuola italiana è sempre più classista e continua a lasciare indietro gli studenti in difficoltà.
«IL DATO DEL 2024 si inserisce in un percorso di miglioramento che prosegue da un decennio – spiega la nota di Con i bambini – ma non deve far trascurare alcune delle contraddizioni di fondo che caratterizzano il nostro paese e su cui resta urgente intervenire». Peraltro le statistiche ufficiali e gli obiettivi europei misurano solo la dispersione scolastica esplicita, cioè l’uscita formale dal sistema scolastico di chi interrompe gli studi prima del diploma (early school leavers), mentre più insidiosa è la dispersione implicita che invece è cresciuta passando dal 7,5% del 2019 all’8,7 del 2024, con un aumento particolare nell’ultimo anno.
PER QUANTO riguarda la prima forma di abbandono scolastico, se è vero che c’è stata una diminuzione sul dato assoluto, quelli disgregati mostrano un paese a velocità diverse. Secondo l’Istat, nel Mezzogiorno la percentuale sale al 12,4. Ad esempio in Sicilia gli abbandoni superano il 15%, con punte a Palermo e Trapani del 25%. Ma cifre record si registrano anche in città con un forte tessuto industriale come Torino o Prato. La dispersione implicita riguarda, invece, le persone che arrivano al diploma senza le competenze adeguate al lavoro o a partecipare consapevolmente alla vita pubblica a causa del percorso di studi accidentato.
Lo strumento che il ministero dell’Istruzione (e merito) usa per misurarla è l’Invalsi: i risultati dei test standardizzati in italiano e matematica che diversi esperti hanno giudicato problematici e opinabili. Le cause della dispersione implicita non sono differenti, tuttavia, da quelle della dispersione esplicita così come le stesse sono le fasce di popolazione più a rischio: persone di origine straniera, studenti che provengono da famiglie a basso reddito, ancor più se hanno una disabilità, contesti di povertà educativa. Fra i ragazzi nati all’estero il tasso di abbandono scolastico è al 27% ma arriva al 40% nei casi di ingresso in Italia dopo i 15 anni. Anche gli studenti che provengono da situazioni di povertà materiale o educativa non riescono a proseguire gli studi per mancanza di servizi sul territorio, debolezza della rete sociale, sfiducia nella scuola.
CI SONO POI altri due fattori non marginali: la salute mentale degli adolescenti (alcuni abbandonano a causa della pressione) e la condizione di disabilità. Una indagine delle università milanesi Cattolica e Bicocca ha segnalato gli ostacoli alla piena funzionalità dei psicologi nelle scuole come il numero insufficiente delle ore e l’inadeguatezza degli spazi. Concludendo che «lo psicologo scolastico deve essere messo nelle condizioni di operare con risorse adeguate e in modo continuativo».
Per quanto riguarda bambini e ragazzi con disabilità, l’Unicef parla di «emergenza educativa» e di «sistema profondamente inadeguato». Il monitoraggio 2025 dell’agenzia delle Nazioni Unite evidenzia come l’aumento degli alunni disabili (359 mila nel 2024, con un incremento del 26% rispetto al 2019) si scontri con un sistema di supporto inadeguato. Solo il 41% degli edifici scolastici è accessibile agli alunni con disabilità motoria. Situazione ancora peggiore per le disabilità sensoriali: appena il 17% delle scuole dispone di segnalazioni visive e solo l’1% ha percorsi tattili. Problematica per l’Unicef è anche la situazione degli insegnanti di sostegno: «Circa 20 mila studenti con disabilità necessitano di assistenza specializzata che non ricevono», scrivono nel monitoraggio.
A QUESTA SITUAZIONE il governo ha risposto stanziando 260 milioni di euro per il 2025. Ma, dopo le associazioni che si occupano di minori, anche gli enti locali che questi soldi dovrebbero gestirli hanno definito la cifra inadeguata e hanno chiesto al governo almeno di anticipare le risorse al primo semestre di ogni anno per consentire di far partire l’anno scolastico.
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