martedì 29 luglio 2025

Dal Corriere di Siena

 SIENA

I dazi fanno tremare le cantine

Da Montalcino al Chianti esportazioni a rischio. Bartolommei: “Le aziende saranno messe a dura prova”

Aldo Tani

29 Luglio 2025, 05:12

Dazi Vino

Nel riquadro il presidente del Consorzio Brunello Bartolommei

La calcolatrice è già pronta. Non resta che quantificare il danno economico prodotto dai dazi sulle esportazioni verso gli Stati Uniti. Una fetta importante del mercato dei vini senesi, che proprio in America fanno gli affari migliori. Se per mesi si è parlato di una minaccia potenziale, adesso c’è un punto fermo, sancito dall’accordo con la presidente europea Ursula von der Leyen.
“I dazi al 15% infliggeranno un duro colpo al Brunello di Montalcino, principale simbolo del Made in Italy enologico negli Stati Uniti, e metteranno a dura prova la resistenza delle aziende. - ha sottolineato il presidente del Consorzio del Brunello Giacomo Bartolommei -. In attesa di conoscere la lista dei prodotti dazi ‘zero per zero’, è evidente che l’applicazione del dazio causerà un rallentamento delle esportazioni verso la nostra prima destinazione di sbocco”.
Con Donald Trump di mezzo tutto è possibile, quindi a Montalcino come negli altri poli vitivinicoli italiani la speranza è che il vino venga escluso dalla tassazione, prevista dal 1 agosto.
“Il mercato americano vale il 30% delle nostre esportazioni, pari a oltre 3 milioni di bottiglie; in questo scenario sarà difficile se non impossibile riallocare l’invenduto nel breve periodo su altre piazze - ha aggiunto Bartolommei -. Per questo è necessario procedere celermente sulla via di nuovi negoziati commerciali, a partire dal Mercosur”.
Quota di mercato che per il Chianti Classico arriva al 46%, mentre per i Dop toscana si attesta sul 37%, pari a 400 milioni di valore.
Non è un caso che il presidente di Avito Andrea Rossi, nonché massimo dirigente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, abbia chiesto coraggio alle istituzioni. “Chiediamo misure di intervento che sostengano il nostro vino nel mercato americano, che ci permettano di aprirci ad altri mercati e un alleggerimento dell’Ocm vino”, ha spiegato il presidente della realtà che rappresenta 24 etichette.
“Veniamo da cinque anni molto condizionati da eventi di vario genere: prima la Pandemia, poi il picco dei costi energetici, l’aumento incondizionato dei tassi di interesse, la peronospora, tutti eventi non controllabili e non prevedibili da parte dei produttori che hanno cercato comunque di reagire, ma a questo punto è doveroso chiedere alle istituzioni di sostenere con interventi straordinari un settore così importante, quale quello del vino”, ha evidenziato Rossi.
Il motivo è riassunto da Lamberto Frescobali, presidente dell’Unione italiana vini: “A inizio anno la bottiglia italiana che usciva dalla cantina a 5 euro veniva venduta in corsia a 11,5 dollari; ora, tra dazio e svalutazione della moneta statunitense, il prezzo della stessa bottiglia andrebbe vicino ai 15 dollari. Con la conseguenza che, se prima il prezzo finale di vendita rispetto al valore all’origine aumentava del 123%, da oggi lievite

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