Nella storia della Repubblica non era mai successo: che un presidente del Consiglio attaccasse un’associazione di familiari di vittime, e proprio nel giorno in cui si commemora la strage. Che li additasse come odiatori, che mettono in pericolo «l’incolumità personale» della premier, vittima come sempre, stavolta persino dei familiari delle vittime del più grave attentato terroristico del dopoguerra, 85 morti e oltre 200 feriti.

Sul quale si è consumato un quarantennale travaglio giudiziario, martoriato dai depistaggi. Che però oggi ha scolpito alcune certezze: che gli autori materiali furono tre neofascisti dei Nar, condannati in via definitiva, Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (autoproclamatisi innocenti), e Gilberto Cavallini, sempre dei Nar, e Paolo Bellini, lui invece di Avanguardia nazionale, entrambi condannati in appello.

Anche mandanti e finanziatori sono accertati, non processati perché nel frattempo morti: i vertici della Loggia P2 Licio Gelli e Umberto Ortolani, il capo dell’Ufficio Affari riservati del Viminale Federico Umberto D’Amato e il senatore del Msi Mario Tedeschi. Un tentativo eversivo, dunque, con pezzi dello Stato schierati contro la Repubblica.