Dal 1948 a oggi, il conflitto israelo-palestinese attraversa decenni di guerre, occupazioni e tentativi di pace falliti. Nel dopoguerra, la nascita dello Stato di Israele coincide con l’esodo forzato di centinaia di migliaia di palestinesi. Da allora, la questione mediorientale diventa uno snodo cruciale della geopolitica mondiale, capace di intrecciare interessi strategici, ideologie e ferite mai rimarginate. È su questo filo teso tra storia e attualità che si muove l’intervento di Massimo D’Alema, ex presidente del Consiglio e oggi presidente della Fondazione ItalianiEuropei, durante l’incontro ospitato a Villa Mussio di Campiglia Marittima, in provincia di Livorno.
Il suo discorso parte da un episodio simbolo: il massacro di Deir Yassin, il 9 aprile 1948, perpetrato dall’Irgun, organizzazione armata sionista legata al Partito della Libertà di Menachem Begin, futuro fondatore del Likud. “Nel 1948 – spiega D’Alema – l’Irgun compì un massacro della popolazione palestinese di un villaggio che si chiamava Deir Yassin. E questo massacro creò una grande impressione, perché chiaramente era un massacro volto a terrorizzare i palestinesi e a farli scappare, per occupare le loro case, la loro terra”.
D’Alema ricorda la reazione del mondo ebraico internazionale: “Un gruppo di personalità mandò una lettera al New York Times. Il primo firmatario era Albert Einstein, ma in realtà la lettera era stata scritta da Hannah Arendt, una delle più grandi esponenti del pensiero liberal-democratico di tutti i tempi. In questa lettera si diceva che quello che accadeva in Israele faceva emergere il pericolo che un insieme di nazionalismo, fondamentalismo religioso e razzismo anti-arabo portasse Israele verso una nuova forma di fascismo”.
A distanza di 77 anni, quelle parole suonano per D’A
1 commento:
Rosso Antico ha ragione cazzo !!!
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