Ugo Sani e la 'sua' Band, fra emozione e
seduzione musicale al Teatro Poliziano,
col 'Tamburo di latta' del Carbonetti
Ugo Sani e Orchestrina Caffè Mambo sono da tempo una risorsa
poetica inesauribile di un territorio vasto come la prateria
musicale che percorrono con grande maestria. Dico Ugo, ma
bisogna parlare anche dei musicisti che da sempre si
accompagnano a lui nell'Orchestrina, autentici maestri solisti e
compositori (Luciano Brigidi, Giulio P. Baricci, Marcello Rossi,
Simone Bruschi, Alessandro Cristofori, Diego Perugini e Mirco
Rubegni) altrettanto noti, che ieri sera al Teatro Poliziano hanno
coinvolto il pubblico in una emozionante carrellata di successi, dal
nuovo CD 'I mestieri della libertà', a classici ormai noti e
applauditissimi come “Il lanternone”. Un nuovo 'disco' dunque da
aggiungere alla collezione 'Sani', che da anni lavora ad un
corpus poetico-musicale di vasta portata, una sorta di impresa
omerica narrativa, un discorso non solo musicale, che attraversa i
miti nazional-popolari della nostra terra, le tradizioni culturali più
radicate, passando per la crisi delle ideologie e il 'pensiero
debole', con una attenzione particolare all'amore, inteso come
risorsa dell'umanità, forza motrice oscura ed esaltante della
nostra vita. Al teatro poliziano sono risuonate le note di questa
poesia messa in musica, che hanno toccato il cuore e la passione
di un pubblico amante dell'autenticità e della bellezza e che nella
musica dell' Orchestrina Caffè Mambo ama perdersi almeno per
una notte. Alle 10 e minuti è arrivato pure il Carbonetti, il mitico
poeta girovago che, vestito da garibaldino, amava lo sciame di
ragazzi che lo attendevano all'ingresso dei paesi con la trombetta
e il suo fedele cagnolino, giocoliere amante della libertà, sul
ritmo di un magico tamburo di latta, Poi la gita a Livorno dei
carcerati alla ricerca del 'mare', gli 'americani che ritornano
sempre nella nostra vita, il Pipistrello che riempie le nostre notti
di voli silenziosi, l'eleganza di un cameriere che a Bagno Vignoni
danza una Rumba Flambé. Poi 'quelli che' vogliono scendere
sempre dal treno in corsa prima dell'arrivo alla stazione. 'Avant
l'arrèt du train', una metafora illuminante e sconvolgente della
nostra vita, trascorsa per metà su un treno che viaggia implacabile
verso la 'stazione' e per l'altra metà in compagnia del nostro
'desiderio' di 'scendere' dal treno in corsa, verso quella campagna
'libera 'che ci aspetta; poi ancora la Vecchia Europa, il Panapticon
di Ventotene e il Tanalibera tutti, la Liberazione di nostri sogni
bambini. Dietro, i ritmi scanzonati o dolenti che ci ricordano la
tristezza del circo che arrivava nei paesi, i cantastorie delle fiere,
la banda stonata che segue la Processione il Venerdì Santo, l'inno
dei 'lavoratori' scomparsi, il Sol dell'Avvenire che non sorge più. E'
la forza del 'pensiero debole'... quando quello 'forte' non ci
consola più. In quel delizioso teatro otto-novecentesco si è
consumato ieri sera un rito di rigenerazione: non solo ricordi, ma
soprattutto l'inno alla vita, un invito a non rinunciare mai a vivere,
pensando che la 'libertà' è soprattutto amore e non solo - come si
diceva un tempo
Nessun commento:
Posta un commento