Se anche tutti gli 8 miliardi previsti in manovra per il taglio delle tasse fossero destinati ad abbassare il prelievo sulle retribuzioni, il vantaggio per le tasche del cittadino medio sarebbe quasi impercettibile. Secondo l’Istat, l’imposizione calerebbe dell’1,6% rispetto al 2020. Ma è probabile che vada peggio: il tavolo di maggioranza convocato al ministero dell’Economia per decidere come utilizzare le risorse a disposizione sembra vicino a un accordo sull’ennesima soluzione di compromesso, con l’obiettivo di dare un contentino sia ai sindacati che chiedono di aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori sia a Confindustria che spinge per un altro aiuto alle imprese. I partiti si stanno convincendo ad accettare una soluzione che secondo il Tesoro beneficerà tutte le fasce di contribuenti Irpef oltre ad azzerare l’Irap per le piccole partite Iva. Risultato: pochi risparmi per tutti. Chi ha redditi medi dovrebbe godere dei benefici maggiori, ma anche i (pochi) contribuenti con imponibile alto avranno un piccolo taglio.

Gli 8 miliardi complessivi messi sul piatto dal governo Draghi, va ricordato, sono l’antipasto della complessiva riforma del fisco affidata a una delega da attuare nel prossimo anno e mezzo. L’articolo 2 della manovra prevede che siano usati per ridurre l’imposta sui redditi delle persone fisiche – sia attraverso la riduzione delle aliquote sia con una revisione delle detrazioni – e l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive, ma lascia al Parlamento il compito di mettere nero su bianco le disposizioni scegliendo quindi chi privilegiare. Il Tesoro siede al tavolo con le forze di maggioranza per fornire le simulazioni di impatto sulle varie ipotesi di intervento.

Un’altra riunione, simulazioni alla mano, è in calendario per giovedì mattina. Ma la strada che ha preso forma negli ultimi incontri è quella di iniziare a ridurre le aliquote Irpef dalle attuali cinque – 23, 27, 38, 41 e 43% – a quattro: 23, 25, 34 e 43%, alzare la soglia di esenzione completa (oggi poco sopra gli 8.100 euro l’anno) e ripensare il sistema di bonus e detrazioni che oggi ha l’effetto perverso di gonfiare le aliquote marginali effettive, cioè quelle che colpiscono i proventi aggiuntivi come premi e straordinari. Chi percepisce redditi fino a 35mila euro e oggi ricade nel terzo scaglione, quello con aliquota “ufficiale” al 38% ma un’aliquota marginale effettiva al 45%, si ritroverebbe un domani nel secondo scaglione, mentre tra i 35mila e i 55mila euro di reddito si resterebbe nel terzo scaglione ma con aliquota ridotta al 34% (dall’attuale 38% con aliquota marginale effettiva al 61%): i maggiori vantaggi si concentrerebbero qui ma si parla comunque di non oltre una sessantina di euro al mese. Tra 55mila e 75mila euro l’aliquota legale si alzerebbe dal 41 al 43%. L’intervento sulle detrazioni dovrebbe comunque garantire un risparmio