di Beppe Grillo e il suo neurologo – Il libero scambio dei rifiuti da valorizzare, fra regioni e stati europei, è davvero affascinante. Uno scambio di prodotti di scarto che viene narrato in tono fiabesco e vantaggioso.
A Copenaghen, il termovalorizzatore avrà una pista da sci sul tetto, una monumentale torta in faccia al primo principio, secondo il quale nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma. Vale per qualunque trasformazione, reazione chimica e tipo di combustione. E’ quel “nulla si distrugge” a non piacere, sono tutti offesi dalla questione che è impossibile fare scomparire qualcosa.
Dovete considerare che questa infantile, quanto gerontocratica pretesa di mandare nel cesso le basi fondamentali del sapere, vede i suoi padri nei fondatori della finanza creativa. Visto che è possibile creare valore dal nulla, addirittura dai titoli tossici, sarà certamente possibile tornarci al nulla. Di nulla, grazie si figuri, è proprio questa logica che ci ha messo ripetutamente nella merda secola seculorum.
Ma, a proposito di merda, ricordate Sigmund Freud? Lo sviluppo, secondo il padre della psicanalisi, attraversava tre fasi, che definiva così: orale, anale e fallica (seguite dalle meno note fasi della latenza e quella genitale).
Ma pensate a questo va e vieni di rifiuti che circolano da un paese all’altro: sembrano tanti bambini con il pannolino che si scambiano di tutto: giocattoli, sorrisi ed escrementi. Una scena gioiosa che si magnifica sino ai macrosistemi con treni di schifezze di ogni genere che vegono prima pagati dal “produttore” per essere poi valorizzati dal consumatore (sembra incredibile, come un investimento di merda).
Termovalorizzatore… che termine stupefacente, che meraviglia del superamento dei limiti dell’impossibile e dell’Accademia della Crusca. Secondo i nostri si tratta di “una parola ben formata, con un prefissoide (termo-calore) altamente produttivo e dal nome d’agente valorizzatore” (è fantastico “ben formata”) “a sua volta formato sulla base del verbo valorizzare con il suffisso –tore (quindi colui che valorizza).” Eppure, dopo questa partenza con il botto, gli accademici più odiati dal diavolo* concludono: “…stando così le cose, una denominazione più esaustiva e meno ambigua dovrebbe essere quella di inceneritore con termovalorizzazione (ha circolato inceneritore con recupero energetico, che non ha avuto molta fortuna)…”
Ogni tanto, citare L’Accademia, evoca un piacere sottile: saranno anche un po’ pignoli ma neppure a loro è sfuggita: dalla “ricerca di brevità, propria del linguaggio tecnologico, ne è derivata la semplificazione, che ha anche spostato il maggior carico semantico nel nome di agente dato alla parte dell’impianto che crea valore con la combustione dei rifiuti. Che poi questo spostamento semantico venga anche appoggiato dall’intenzione, da parte di produttori degli impianti e di amministratori, di allontanare nell’opinione pubblica l’idea della pericolosità ambientale e sottolineare il richiamo al valore dell’energia prodotta, è questione che va oltre la competenza del linguista.”
Ora, fatta eccezione per la caduta di stile rappresentata dalla parola “linguista” (quando si parla di certe cose) è tutto chiaro. Insieme alla merda è possibile valorizzare le parole, quindi, se dal letame nascono i fiori vale lo stesso per i rifiuti? E’ tutto possibile in questo mondo fantastico, dove sembriamo tutti tornati alla fase anale (freudianamente parlando) e, con tutto il rispetto per i partner di governo, alcuni siano addirittura regrediti a quella orale. Se la vorrebbero direttamente mangiare da soli, sul piatto di un valorizzatore per provincia!
Perdona, lettore, i continui riferimenti a colture e cultura, ma è di merda che stiamo parlando!
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