Monte dei Paschi di Siena, ossia quel mondo alla rovescia in cui si scambiano per scialuppe di salvataggio improbabili gusci di noce che imbarcano acqua, con il risultato di sprecare risorse preziose e aggravare ulteriormente la già difficile situazione del gruppo. Gli esempi sono molti, ma ci si può limitare al caso Widiba, la banca online dell’istituto senese che rappresenta il pilastro su cui l’amministratore delegato di Mps, Marco Morelli, intende costruire il rilancio. Widiba nasce a fine 2014 e Montepaschi ha investito nell’iniziativa 14 milioni a copertura dei costi di start up e 82 milioni di euro a titolo di capitale, parte cash e parte attraverso il conferimento del ramo d’azienda dei promotori finanziari di Mps. Da allora la banca digitale del gruppo non ha fatto che accumulare perdite crescenti: 7,7 milioni nel 2014, 11 milioni nel 2015, 12,2 milioni nel 2016 e ben 18,6 milioni nel 2017.

In pratica, in appena tre esercizi Widiba si è mangiata quasi la metà delle risorse conferite dalla controllante (49,5 milioni su 96 milioni totali) e a inizio 2018 Mps si è visto costretto a ricapitalizzare la controllata con ulteriori 70 milioni (con un aumento di capitale da 100 a 170 milioni), di cui una parte cospicua – quasi il 50% secondo alcune indiscrezioni – sarebbe stata utilizzata per pagare i bonus triennali agli oltre 600 promotori finanziari della banca digitale. Bonus legittimi, pattuiti nel 2014 all’atto del conferimento della rete Mps a Widiba, ma che non possono non sollevare interrogativi sulle modalità con cui il gruppo continua a essere gestito anche a seguito del salvataggio pubblico.
Oltre ai bonus dei promotori, pagati con i soldi dei contribuenti, bisogna infatti considerare anche la decisione – approvata dall’ultima assemblea – di utilizzare fino a 6 milioni di azioni Mps detenute dalla banca stessa (azioni proprie) come parte della retribuzione variabile del top management dell’istituto, tra cui l’amministratore delegato Morelli, quello della controllata Mps Capital Services, Giampiero Bergami, e quello di Widiba, Andrea Cardamone. Quelle azioni, che oggi a Piazza Affari valgono circa 2,7 euro l’una, sono state pagate dal Tesoro in media 6,98 euro (6,49 euro all’atto della sottoscrizione dell’aumento di capitale e ben 8,65 euro nell’ambito dell’operazione di ristoro dei possessori di bond subordinati). Il riconoscimento ai manager del lavoro svolto costa dunque ai contribuenti quasi 42 milioni di euro (6 milioni di azioni x 6,98 euro).