Loro si credono assolti, come cantava Fabrizio De André. E così continuano a fare carriera politica anche dopo essere stati coinvolti (per sempre, direbbe ancora De André) in processi per corruzione e vicende di malaffare. Persino dopo la mitica condanna in Cassazione, buona per evocare la presunzione di innocenza in quel po’ di annetti che passano dalle indagini alla fine dei tre gradi di giudizio, poi appallottolata con noncuranza nel cestino quando certifica la colpevolezza dell’amico di partito o dell’alleato di governo. Lo dicono i numeri. Nel periodo post-Tangentopoli, il 39,4% dei politici coinvolti in vicende di corruzione ha avuto incarichi anche dopo la sentenza definitiva della Cassazione, mentre la quota di politici che hanno iniziato la carriera nella fase successiva alle inchieste degli anni Novanta e l’hanno continuata anche dopo il coinvolgimento in casi di corruzione è pari al 24,6%